Un omino – come spiega Rames Gaiba – dalla silhouette disegnata con un metro da sarto che porta sul braccio l’ultimo acquisto: un capo di moda pronta, modello “crociera”. L’immagine comunicava con efficace ironia l’idea di attaccamento alla tradizione artigianale (il metro) e, insieme, di apertura a tempi nuovi del prodotto industriale (il vestito già confezionato). Un completo Lebole, questo il messaggio dell’affìche, era in grado di coniugare la qualità di un abito di sartoria con la comodità di uno già pronto da indossare. Il compito dei pubblicitari degli anni 50-60 era quello di convincere tutti quegli italiani che ancora si servono dal sarto dei vantaggi, in termini di praticità, della moda in serie. Il manifesto, chenella costruzione formale risente delle influenze dadaiste, che Sepo, pseudonimo di Severino Pozzati, fu incaricato di realizzare dalla famiglia Lebole di Arezzo al suo rientro in Italia dopo il lungo e fortunato soggiorno a Parigi.
Dal 1959, per un intero ventennio, l’uomo metro Lebole ha accompagnato la storia economica e sociale italiana, e in particolare del territorio aretino, fino al suo passaggio di mano, negli anni settanta, al gruppo Valentino. Oggi il marchio sta vivendo una seconda vita grazie proprio alla famiglia Lebole che per mano di Attilio, nipote e figlio dei due fondatori, ne ha acquisito dal Gruppo Marzotto i diritti.
Proprio in questa operazione di rilancio nasce la collaborazione con il Giro d’Italia che ha visto, martedì 13 gennaio a Pitti Uomo 87, il debuttato ufficiale delle “Maglie Rosa” disegnate appunto da Lebole. Il marchio è posizionato sul fronte colletto di tutti e 4 i capi (quattro colori per i rispettivi leader di categoria), sul retro con lo storico Uomo Metro e sulla manica destra con un simbolico metro da sarto.
Il Giro d’Italia 2015 sarà una grande vetrina nazionale e internazionale per l’azienda e sicuramente un grande palcoscenico di valorizzazione di Arezzo e di tutta la Toscana.