La cantina Petra, opera di Mario Botta, a Suvereto eletta Migliore Cantina Italiana dal sondaggio di Winenews e Vinitaly merito della sua assoluta bellezza.
“Quando Vittorio Moretti – dice Mario Botta – mi chiese di disegnare questa sua cantina, mi è parso di capire che, al di là degli aspetti funzionali, cercasse soprattutto un’immagine capace di comunicare la passione e l’impegno necessari a sorreggere questa sua nuova avventura. Coltivare la vigna impone una visione di ampio respiro che si prolunga nel tempo sull’arco di molti decenni, richiede un controllo del paesaggio dove il territorio interessato non tollera incertezze o approssimazioni. La trama geometrica della vigna contrasta l’andamento orografico ondulato del suolo sovrapponendo un disegno razionale che evidenzia la misura, la bellezza, la profondità del paesaggio.
È nella prospettiva di un simile riordino del territorio ai piedi della campagna collinare di Suvereto che ho intrapreso il progetto per questa nuova cantina. Ho immaginato il nuovo intervento con un solo fronte a valle fuori terra, posto su un pianoro allungato dove si svolgono le attività di ingresso immerse tra le vigne che lo avvolgono.
L’allineamento del fronte segna il cambiamento di direzione dei vigneti; perpendicolari alla costruzione sulle pendici della collina retrostante e ordinati secondo filari posti a quarantacinque gradi nei territori della pianura a valle. Al centro del lungo fronte si innalza dalla quota di ingresso un volume cilindrico rivestito di pietra di Prun che, nella parte superiore, è sezionato con un piano inclinato parallelo alla collina. Il cilindro accoglie al suo interno le attività di ingresso e al centro i serbatoi per la vinificazione – bellissimi nel loro acciaio rosettato – e ai livelli superiori l’arrivo delle uve e le attività legate alla produzione e ai controlli.
Al pianoterra, nella profondità oltre il cuore centrale e lo spazio riservato alle botti in rovere, Vittorio Moretti ha voluto una lunga galleria che penetra la montagna fino ad arrestarsi di fronte ad una parete di roccia che, posta proprio nel cuore della collina, diviene uno spazio di incontro o forse di riflessione, lontano dal cuore tecnico della produzione delle stanze iniziali. È questa galleria un percorso misterioso che porta idealmente verso il cuore della montagna, un cordone ombelicale che ci lega alla terra madre.
Ora, ricordo uno schema che Vittorio Moretti mi aveva portato al momento dell’impostazione del progetto; uno schizzo con appuntato un cerchio con ai lati due braccia rettangolari. È esattamente quanto il progetto ha elaborato nel disegno finale; la cantina Petra è la messa in forma di quello schema iniziale. Talvolta, anche le immagini che a prima vista appaiono sorprendenti e misteriose nascono dall’incontro tra un segno semplice primario e il filtro di una memoria ancestrale che d’improvviso riconosciamo come un valore che ci appartiene.
Forse, tra le qualità più sorprendenti dell’opera di architettura dobbiamo annoverare quella particolare capacità di dare immagine anche a quelle emozioni fuggevoli e incerte che tessono il territorio della memoria”.