Quando Giovanni Panizza si ritira a vita privata, lascia l’azienda all’amico e socio Natale Gamba, i cui figli, nipoti e pro-nipoti hanno continuato a gestire con successo il cappellificio fino ad oggi. Nel corso degli anni si è voluta mantenere la grande abilità manifatturiera e artigianale, conquistata e appresa sin dagli albori, tutt’oggi vanto e simbolo dell’azienda. Il feltro, commistione di pelo o lana trattato a dovere, è da sempre il vero protagonista, lavorato sapientemente a mano dai maestri cappellai dello stabilimento Panizza. All’inizio, la lavorazione del feltro avveniva nella fabbrica sulle rive del Lago Maggiore, dove oggi ha sede il Museo del Cappello. La lavorazione odierna si trova invece a Montevarchi, in Toscana.
Dove ha inizio questa storia di successo artigianale tutta Made in Italy?
La Panizza inizia la sua attività nel 1879. Qualche anno più tardi nel 1881 poiché l’impresa sembra promettente i soci fondatori formalizzano davanti al notaio la società Panizza come la conosciamo oggi. In seguito poi verrà acquistato il cappellificio storico che oggi è sede in parte dei locali del museo Panizza nominato museo dell’arte del cappello proprio per evidenziare che la cultura manufatturiera e artigianale del cappello era propria di quella zona del Lago Maggiore (Intra-Ghiffa). Infatti il signor Giovanni Panizza a cui si deve il nome, era stato per anni a lavorare presso gli altri capellifici della zona ed in particolare presso il cappellificio Albertini che venne poi da questi insieme a gli altri soci della pagliuzza S.p.a. acquistato negli anni a venire. Infatti oggi il cappellificio falcus sede della manifattura Panizza a partire dai primi anni 80 produce sia a Panizza che Albertini prodotti della stessa famiglia con lievi differenze di prezzo finale al consumatore a ragione di una qualità inferiore, per intenderci il feltro di lana,che si è sempre usata per i cappelli albertini. In realtà la storia della Panizza non è sempre andata in crescendo, infatti durante la guerra vi fu un forte ridimensionamento per poi tornare al massimo della produttività nei primi anni 50. Gli anni 70 furono anni di crisi per tutto il settore poiché il cappello fu oggetto di ostracismo per chi aveva fatto il 68 e ne vedeva l’icona delle generazioni precedenti. Per tale ragione alla fine di questi tormentosi anni si è deciso che bisognasse preservare quello che è sempre stato il carattere principale di Panizza ovvero la qualità altissima e la artigianalità. A guisa di tal fatto si è trasferita la produzione e il know how presso gli amici ed oggi soci del cappellificio Falcus che all’epoca era specializzato in produzione di berretti in tessuto e lavorazione del feltro prima del sua trasformazione in cappello. A partire dagli anni 80 questo mercato è diventato un mercato di nicchia cosa che da un lato protegge e dall’altro ha i suoi limiti. In ogni caso gli anni 90 sono stati, anni di ripresa e di espansione di nuovo verso il mercato estero. Oggi come ben sappiamo il cappello è tornato di grande moda. Per tale motivo molti infatti si improvvisano o si riscoprono anch’essi cappellai. Questo è sicuramente il principio di una nuova sfida appassionante poiché da un lato ci troviamo in quel momento del capitalismo per quanto riguarda il mondo del cappello s’intende e basta rinnovata espansione per intenderci un po’ come quando Harry Ford iniziò a produrre vetture in un mercato dove vi erano milioni di case e nomi a produrre tale nuovo bene di consumo di massa. E dall’altro la possibilità di ancora una volta, si spera, preservare e portare ad uno stato di interna di internazionalizzazione la vera industria artigianale manifatturiera italiana in prima linea con i propri artigiani non filtrata da sistemi a scatola cinese che allontanano il prodotto da chi lo produce e da chi lo consuma. In pratica noi vorremmo ovviamente vendere più cappelli panizza ma, anche diffondere la cultura di un buon prodotto di qualità che per assurdo non ha un prezzo così differente dal prodotto patacca riconoscibile solo da un nome da un’etichetta che però a parte l’emotività superficiale non contiene altro. Inoltre un altro. Per noi molto importante è che il prodotto cappello nasce dalla materia prima animale per tale ragione è un prodotto che deve oggi più di ieri essere responsabilizzato e tale consapevolezza sulla qualità e la provenienza è una garanzia che dovrebbe essere obbligatoria per il consumatore finale. Per tale ragione noi non siamo determinati Feltri i quali non possono vantare o qualità di atossicità o qualità di eticità. E facciamo rigorosi test per tutti gli altri componenti che utilizziamo nel nostro cappello.
In cosa si riconosce un autentico prodotto Panizza?
La riconoscibilità dei prodotti Panizza come anche quella dei concorrenti non è cambiata nel tempo. Infatti ciascuno si è sempre distinto per un carattere diverso dall’altro. Borsalino giusto per citarne uno ha sempre puntato il cappello molto elegante ed importante. Mentre Panizza nasce fin da subito con la vocazione al cosiddetto che casual elegante e la comodità durante i viaggi. Non a caso le proporzioni del modello iconico “Roma” sono di Fedora con proporzioni più contenute al fine di risultare più leggero per chi la indossa e adattarsi all’abito che porta. Circa la portabilità in viaggio Panizza ha sempre sviluppato la linea Bon Voyage che già negli anni 50 studiava cappelli che si potessero indossare sia automobile sia in treno sia in aereo di modo che non dessero fastidio sui poggiatesta. Oggi invece cerchiamo di fare prodotti che possono essere messi in tasca stropicciati e ritornare sempre in forma. Infine l’altra distinzione del cappello Panizza è non solo la qualità come già detto prima senza compromessi, ma lo stretto legame che vi è tra la qualità e il prezzo infatti rinunciamo volentieri a margini più alti al fine di tenere qualità sempre eccellenti in ogni prodotto. Si tenga anche conto che in qualsiasi momento un cappello Panizzari presenti un difetto che non sia dovuto un uso scorretto, il nostro cliente si può rivolge a noi per ottenere una riparazione o una sostituzione.
Ci dice tre valori “Made in Italy” che la Sua azienda traspone nei prodotti e in cosa possiamo rintracciare l’eccellenza di una produzione tutta italiana.
Innanzitutto per noi “made in Italy” è già una definizione obsoleta. Infatti scriviamo ormai “made in Tuscany” dato che il purtroppo made in Italy è stato ampiamente sfruttato anche da chi forse non era così originale. In ogni caso la nostra azienda il Cappellificio Falcus opera in una zona il Valdarno che è sempre stata votata alla produzione di feltro al contrario della zona fiorentina che invece sempre stata votata alla paglia. Le persone che lavorano con noi sono tutte originarie del Valdarno e hanno tutto avuto parenti nelle generazioni precedenti che hanno lavorato per capellifici. Tale storia porta ad avere un rapporto viscerale con l’azienda e un amore per il prodotto oltre che a una cultura di questo che non hanno pari infatti quando capita di dover formare del personale ci occorrono minimo tre anni per insegnare ad un’operaia come il minimo disprezzabile di quello che dovrebbe conoscere per poter svolgere al meglio il suo lavoro. La nostra azienda molto piccola tenga presente che potrei dirle chi ha fatto il cappello ogni singolo cappello. In ogni caso per tornare alla domanda quello che secondo noi è il cuore del made in Italy non è tanto il fatto che la materia prima provenga dall’Italia se questa non fosse di qualità non si può pensare di dover utilizzare una materia che si è italiana ma sia scarsa. Infatti noi utilizziamo tutte materie prime di eccellenza ricercando l’eccellenza a 360° dalle taglie e quando ecuadoregne provenienti da Panama ai Feltri europei che sono i pochi ad essere garantiti. Quindi il made in Italy sta nel saper scegliere come un chef gli ingredienti giusti per poi arrivare a quell’eccellenza nel prodotto che è la vera natura e l’essenza di quello che una volta era il significato del marchio made in Italy. Infatti negli anni 50 quando i grandi magazzini americani venivano a cercare le nostre fabbriche e manifatture per produrre e marchiare con i loro marchi quello che li portò a scegliere l’Italia e non altri paesi fù l’eccellenza della qualità dell’incredibile qualità prezzo per il loro mercato. Quindi tornando alla metafora dello chef l’eccellenza della cultura non sta solo nel saper scegliere gli ingredienti migliori ma come trasferire tutta questa qualità del prodotto finito.
In che modo la Sua Azienda concilia la tradizione del Made in Italy con l’innovazione e l’arte del saper fare.
L’innovazione nel nostro settore è soprattutto concentrata non solo nel creare un prodotto che sia moderno contemporaneo, ma soprattutto nel cercare materie prime che permettano di aumentare le caratteristiche positive del cappello e soprattutto trovare il modo o creare le macchine che permettono di perseguire il proprio scopo. Infatti i macchinari per la produzione del cappello non sono più prodotti da nessuno e per tale ragione se si vogliono modificare per arrivare a determinati risultati debbono essere modificata in casa e così anche per la riparazione in sostanza è come avere un parco macchine di vespe d’epoca per le quali bisogna ingegnarsi per trovare sistemi di riparazione. Quello che reputo importante è che l’arte del saper fare non debba andare persa perché è una cosa ormai purtroppo frequente che prodotti anche abbastanza banali per secoli precedenti oggi sarebbero impensabili per il rapporto qualità prezzo. Questo è dovuto al fatto che non si è dato il giusto valore a quell’arte di saper fare quella determinata cosa. È giusto che i consumatori mantengano la possibilità di scegliere prodotti di diversa qualità a seconda delle proprie esigenze, ma non solo che nel momento in cui vogliono arrivare a prodotti di qualità non ne siano impediti da prezzi esorbitanti. Per intenderci se la classe media sta scomparendo, non è detto che non la si possa preservare dalla sua estinzione offrendo la possibilità di lavorare in settori manifatturieri artigianali per produrre prodotti di eccellenza totali di classe del lusso che però abbiano prezzi d’ingresso medi. E questa forse già un’anticipazione a quella che la domanda successiva.
Il Made in Italy inteso come tradizione di eccellenza tutta italiana, può avere un ruolo nel rilancio economico della nostra nazione?
Trovo che l’industria manifatturiera italiana debba avere insieme ad altri settori un ruolo centrale per il rilancio dell’economia nazionale. Infatti siamo un paese molto fortunato che a parità di paesi più grandi e con più risorse riesce a competere per intelligenza, capacità e possibilità. Bisogna evitare che accada come negli anni 70 con le campagne che sono state inizialmente abbandonate per poi essere scoperto in questi anni dai discendenti che ne rivalutano il valore e la qualità tutta italiana. Infatti l’industria manifatturiera che traina l’economia reale è la base poi di qualunque rilancio si voglia fare poiché quella che crea la ricchezza tra la popolazione. Fatta questa premessa purtroppo l’industria della moda è soggetta a una continua sollecitazione nella velocità di azione e nella proposizione di sempre qualcosa di nuovo o qualcosa di vecchio che sembri un nuovo. Questo va visto come un’opportunità per continuare a interrogarsi su cosa sia e quale sia il senso di una manifattura italiana cosa dia di diverso rispetto ad altre e quale sia la sua caratteristica. Rispondersi con facili risposte come l’eleganza non sono certo la strada per andare avanti. Bisogna guardarsi intorno capire cosa ci sia di buono negli altri e razionalizzarlo per poi proporlo con la propria sfumatura e carattere. Questa è la chiave della tradizione di eccellenza italiana insomma come dire Marco Polo portò gli spaghetti dalla Cina ed oggi infatti gli spaghetti italiani sono famosi in tutto il mondo ma sono profondamente diversi dai noodles ognuno mantiene le proprie caratteristiche.